«L’ALCHIMISTA» DI PAULO COELHO: LA FACILITÀ DELLA LINGUA.

È possibile misurare la facilità della lingua di un testo, basandosi soltanto sulla lunghezza delle frasi e delle parole? Sì, e il metodo è stato sperimentato già qualche tempo fa, stabilendo qual è il titolo di studio minimo che la complessità sintattica di un testo richiede. Si calcola il cosiddetto Indice Gulpeace, che va da 1 a 100 (quanto più è alto il numero trovato, più il testo è facile).

Le prime pagine de «L’Alchimista» danno il risultato di 81: per leggere il testo può bastare la licenza elementare, tanto più che la gran parte delle parole appartengono al Vocabolario di Base (De Mauro). Non richiede, peraltro, particolari conoscenze pregresse.

Il testo di Coelho (il capitolo iniziale)

Il ragazzo si chiamava Santiago. Stava cominciando a imbrunire quando

giunse con il suo gregge davanti a una vecchia chiesa abbandonata. Il tetto

era crollato da tempo e un enorme sicomoro era cresciuto nel luogo dove

una volta sorgeva la sacrestia.

Decise di trascorrere la notte in quel luogo. Fece entrare tutte le pecore

dalla  porta  in  rovina  e  poi  dispose  alcune  tavole  di  legno  perché  non

potessero fuggire durante la notte. Non c’erano lupi in quella zona, ma una

volta  un  animale  era  scappato  e  c’era  voluta  un’intera  giornata  perché  lo

ritrovasse.

Mise per terra la giacca e si sdraiò, usando come guanciale il libro che

aveva appena finito di leggere. Prima di addormentarsi, pensò che doveva

cominciare  a  leggere  libri  un  po’  più  voluminosi:  ci  sarebbe  voluto  più

tempo a finirli ed erano guanciali più comodi per la notte.

Era ancora buio quando si svegliò. Guardò in alto e, attraverso il soffitto

semidistrutto, intravide le stelle che brillavano.

“Vorrei dormire ancora un po’,” pensò. Aveva fatto lo stesso sogno della

settimana  precedente  e,  di  nuovo,  si  era  svegliato  prima  della  sua

conclusione.

Si  alzò  e  bevve  un  sorso  di  vino.  Poi  afferrò  il  bastone  e  cominciò  a

svegliare  le  pecore  che  ancora  dormivano.  Aveva  notato  che,  appena  si

destava  lui,  anche  la  maggior  parte  delle  bestie  cominciava  a  svegliarsi.

Come se vi fosse una misteriosa energia che univa la sua vita a quella delle

pecore che da due anni percorrevano insieme con lui la regione, in cerca di

cibo e di acqua. “Ormai si sono tanto abituate a me che conoscono i miei

orari,” mormorò sottovoce. Poi, riflettendo, pensò che poteva essere anche

il contrario: forse era lui che si era abituato all’orario delle pecore.

Ce  n’erano  alcune,  però,  che  impiegavano  un  po’  più  di  tempo  a

muoversi. Il ragazzo le risvegliò a una a una con il suo bastone, chiamandole

per nome. Era convinto che le pecore fossero in grado di capire ciò che lui

diceva:  perciò  ogni  tanto  usava  leggere  loro  i  brani  di  quei  libri  che  lo

avevano colpito, o parlar loro della solitudine e della gioia di un pastore in

mezzo alla  campagna,  oppure  commentare le  ultime  novità  che osservava

nelle città per cui soleva passare.

Negli ultimi giorni, tuttavia, il suo argomento era stato praticamente uno

solo:  la  giovinetta,  figlia  del  commerciante,  che  viveva  nella  città  dove

sarebbe giunto di lì a quattro giorni. C’era già stato solo una volta, l’anno

precedente. Il commerciante, che possedeva una bottega di tessuti, gradiva

sempre  che  le  pecore  fossero  tosate  davanti  ai  suoi  occhi,  per  evitare

imbrogli. Un amico gli aveva indicato quella bottega, e il pastore vi aveva

portato le sue pecore.

“Ho bisogno di vendere un po’ di lana,” aveva detto al commerciante.

Il  negozio  era  pieno  e  l’uomo  gli  aveva  chiesto  di  aspettare  fino

all’imbrunire.  Lui,  allora,  si  era  seduto  lì  davanti  sul  marciapiede  e  aveva

tirato fuori dalla bisaccia un libro.

“Non  pensavo  che  i  pastori  sapessero  leggere,”  aveva  detto  allora  una

voce femminile accanto a lui.

Era una ragazza tipica della regione andalusa, con i lunghi capelli neri e

gli occhi che ricordavano vagamente gli antichi conquistatori mori.

“Perché le pecore insegnano più dei libri,” aveva risposto il ragazzo. Si

erano trattenuti a parlare per più di due ore. Lei gli aveva detto di essere la

figlia  del  commerciante,  parlandogli  poi  della  vita  nel  paese,  dove  ogni

giorno  era  uguale  all’altro.  Il  pastore  le  aveva  raccontato  delle  campagne

dell’Andalusia,  delle  ultime  novità  che  aveva  notato  nelle  città  dove  era

passato. Era contento perché, per una volta, poteva parlare con qualcuno, a

parte le pecore.

“Come  hai  imparato  a  leggere?”  gli  aveva  domandato  la  ragazza  a  un

certo punto.

“Come tutti gli altri,” aveva risposto lui. “A scuola.”

“E allora, se sai leggere, perché sei soltanto un pastore?”

Il  ragazzo  aveva  accennato  una  scusa  qualunque  per  non  rispondere  a

quella domanda: lei, certo, non avrebbe potuto capirlo. Aveva continuato a

raccontare le sue storie di viaggi, mentre quegli occhietti mori si aprivano e

si chiudevano per la meraviglia e la sorpresa. Via via che il tempo passava, il

ragazzo aveva cominciato a desiderare che quel giorno non avesse mai fine,

che  il  padre  di  lei  fosse  occupato  ancora  per  lungo  tempo  e  lo  facesse

attendere tre giorni. Si era reso conto che stava provando qualcosa che non

aveva mai sentito prima di allora: il desiderio di fermarsi per sempre in una

città. Con quella giovinetta dai capelli neri, i giorni non sarebbero stati mai

uguali.

Ma infine il commerciante era arrivato e gli aveva detto di tosare quattro

pecore. Poi gli aveva pagato il dovuto e chiesto di tornare l’anno dopo.

Chiarimento teorico.

Un testo può risultare “difficile”, cioè poco comprensibile, per due o tre motivi precisi:

  • Insufficiente conoscenza dei codici linguistici, o bassa leggibilità
  • Basse competenze enciclopediche e ideologiche (non coglie i riferimenti impliciti a conoscenze necessarie per comprendere il senso del testo, o non condivide valori e convinzioni ideali)
  • Scarsa conoscenza di altri testi scritti dallo stesso autore (intertestualità: vale quasi esclusivamente per i testi letterari).

Il metodo oggettivo indicato in precedenza attiene soltanto al primo punto, quello della leggibilità, e non in modo esauriente. Nel nostro esame terremo conto solo occasionalmente del secondo punto e quasi mai del terzo; la nostra attenzione sarà rivolta quasi esclusivamente al grado di leggibilità, stabilendo cioè se l’autore scrive in modo facile o difficile quanto alla lingua e allo stile, riconoscendo nel lettore ideale il requisito di un certo grado di istruzione:

  • Licenza elementare
  • Licenza media
  • Scuola superiore.

Gli studi di linguistica a cui si è accennato hanno fissato degli indici di leggibilità, vale a dire delle formule matematiche in grado di valutare la semplicità della sintassi e del lessico. Non sono, invece, in grado di valutare altri parametri fondamentali per la comprensione di un testo, come la correttezza della disposizione delle informazioni, la densità informativa, il numero di inferenze necessario per giungere alla comprensione dell’intero testo. Per questi ultimi criteri sarà opportuno accontentarsi di riconoscere nel testo la frequenza di parole complesse o composte e di individuare una certa densità di informazioni e di significati.

In anni passati si è occupato del problema lo studio dell’Università di Sassari intitolato «La comunicazione istituzionale scritta». In esso si trova un indice detto Gulpease (da Gruppo Universitario Linguistico Pedagogico), in base al quale si consideravano il numero di lettere, il totale delle parole e il numero delle frasi. Il principio è semplice: più lunghe sono le parole e le frasi rispetto al numero delle lettere, più difficile è un testo (basso grado di leggibilità). La formula matematica è la seguente:

          300 x numero frasi – 10 x numero lettere

89 + ———————————————————

                                   numero parole

Il numero ottenuto può variare da zero (massima difficoltà) a 100 (massima leggibilità) e fornisce le risposte relative al grado di istruzione necessario per comprendere il testo.

Questa tabella illustra le varie possibilità:

Un programma apposito dà il risultato mediante una tabella molto comoda (basta inserire il testo e cliccare):

https://farfalla-project.org/readability_static/

In aggiunta, si potrà dare un giudizio di massima sulla frequenza d’uso delle parole e quindi sulla minore o maggiore complessità del lessico, secondo le indicazioni di De Mauro in accordo alle circa 7000 parole del Vocabolario di base (si veda in

https://www.internazionale.it/opinione/tullio-de-mauro/2016/12/23/il-nuovo-vocabolario-di-base-della-lingua-italiana

Un pensiero riguardo “«L’ALCHIMISTA» DI PAULO COELHO: LA FACILITÀ DELLA LINGUA.”

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