Alcune citazioni da «All’ombra delle fanciulle in fiore» di Marcel Proust.

Solo, io restavo semplicemente davanti al Grand Hotel (…) quando, quasi ancora all’altro capo della diga dov’esse facevano muovere una macchia bizzarra, vidi avanzarsi cinque o sei ragazzine, così diverse, per l’aspetto e i modi, da tutte le persone che si era soliti vedere a Balbec, come sarebbe potuto esserlo, sbarcato non si sa di dove, uno stormo di gabbiani che eseguisca a passi contati sulla spiaggia, – mentre i ritardatari raggiungono gli altri con piccoli voli – una passeggiata, il cui fine appaia tanto oscuro ai bagnanti, ch’essi non sembrano vedere, quanto chiaramente determinato per il loro spirito di uccelli. […]

…le ragazzine che avevo scorto procedevano leste, con quella destrezza dei gesti che nasce da una perfetta scioltezza del corpo e da un disprezzo sincero per il resto dell’umanità, procedevano leste, senza esitazione né rigidità, compiendo esattamente i movimenti voluti, in una piena indipendenza reciproca di tutte le membra, mentre la maggior parte del corpo conservava quell’immobilità così notevole nelle buone ballerine di valzer.

Benché ognuna fosse un tipo assolutamente diverso dalle altre, tutte avevano una certa bellezza: ma, a dire il vero, le vedevo da così pochi minuti, e senza osare guardarle fissamente, che non ne avevo ancora individuata nessuna. Tranne una, il cui naso dritto e la carnagione bruna faceva spiccare, in mezzo alle altre, come in certi quadri del Rinascimento, un Re Mago di tipo arabo, esse non mi erano note che una per un paio d’occhi duri, ostinati e ridenti; un’altra per le guance in cui il rosa aveva quella sfumatura di rame che rievoca il geranio; e anche di questi tratti non ne avevo ancora legato indissolubilmente nessuno ad una fanciulla piuttosto che a un’altra.
E quando (secondo l’ordine in cui si svolgeva quel piccolo corteo, meraviglioso perché vi erano accostati gli aspetti più diversi, tutte le gamme di colore vi comparivano una accanto all’altra, ma che era confuso come una musica in cui non avessi potuto isolare e riconoscere al passaggio le frasi, distinte ma dimenticate subito dopo) vedevo emergere un ovale bianco, degli occhi neri, degli occhi verdi, non sapevo se fossero gli stessi che mi avevano deliziato già un momento prima, non potevo metterli in rapporto con una data fanciulla ch’io avessi separata dalle altre e riconosciuta. E quest’assenza, nella mia visione, del distacco che avrei presto stabilito fra loro, propagava attraverso il gruppo un ondeggiamento armonioso, la traslazione continua di una bellezza fluida, collettiva e mobile.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto,  All’ombra delle fanciulle in fiore, traduzione di G. Raboni.

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