PANDEMIA E FASE DUE: LE IDEE DI UNA RAPPRESENTANTE DELLA DESTRA SVIZZERA (intervista a Magdalena Martullo Blocher, Sonntagszeitung del 12 aprile 2020, a cura di Vittorio Panicara).

La parlamentare sig. Martullo-Blocher è figlia del più famoso Christoph Blocher, leader indiscusso dell’SVP (alla lettera :«Partito del Popolo Svizzero»; nella Svizzera italiana è chiamato UDC :«Unione democratica di Centro»), il partito più votato in Svizzera, noto per il suo acceso nazionalismo. Dal padre ha ereditato la direzione dell’industria chimica di Ems ed è Vice-Presidente del partito. Il ministro Berset, più volte citato nel testo, è socialista. Nel Consiglio Federale sono rappresentati tutti i maggiori partiti.

La Sonntagszeitung – « giornale della domenica » – è l’edizione domenicale del Tages Anzeiger, popolare quotidiano indipendente zurighese.
L’intervista è stata pubblicata la domenica di Pasqua e occupa due intere pagine interne.

Qui di seguito una sintesi in italiano dei contenuti principali del testo (sono state omesse le domande) e poi l’originale in tedesco.

***

Titolo : «Il Consiglio Federale deve smetterla di dire a tutti quello che devono fare»

Sottotitolo : «La consigliera nazionale Magdalena Martullo-Blocher spiega perché vuole che gli esercizi commerciali e i ristoranti aprano molto prima di quello che vuole il Consiglio Federale. E perché sarà necessario fare i conti con un certo numero di decessi».

 

Sintesi dell’introduzione:

Da alcune settimane la sig. Martullo-Blocher si è proclamata « specialista » in coronavirus e continua a fare proposte provocatorie. L’intervista ha luogo nel suo giardino per non dare l’impressione che lei non Rispetti le regole..

 

Sintesi delle risposte dell’intervistata:

• Ammette di essersi tagliata i capelli da sola, essendo chiuso il suo parrucchiere. I coiffeur sono importanti e stanno subendo dalla chiusura un grave danno economico; con delle misure particolari, con guanti e con l’uso delle mascherine (a cui lei potrebbe provvedere personalmente) potrebbero riaprire.
• Vuole migliorare la situazione ed è per questo che fa pressione sul Consiglio Federale [da ora C.F.] per un uso generalizzato delle mascherine protettive. Le ha sperimentate con successo nella sua fabbrica, insieme con il distanziamento sociale e le regole igieniche. Si sa che le mascherine proteggono dalle goccioline in modo specifico, sono state testate per questo e le hanno adoperate 1,4 miliardi di cinesi. Sono previste dal consigliere alla salute Berset, che però non ne ha introdotto l’uso obbligatorio. Fino a oggi il CF non lo ha fatto per la scarsità di voli cargo.
• È stata allontanata dall’aula durante la sessione di marzo a causa della mascherina, che lei è stata la prima a indossare in Consiglio Nazionale. Questa scena ha sconvolto il mondo, come mostrano i 180 milioni di clic su You-Tube. Berset ha dichiarato che le mascherine non sono proibite, ma intanto molti paesi europei le hanno rese obbligatorie.
• L’SVP chiede dall’inizio di febbraio i controlli alle frontiere per far entrare nel paese solo le persone sane, ma tutto questo è stato spazzato via dalla libertà di movimento e dal fatto che l’iniziativa SVP che la vuole ridurre è in un momento di stallo. I contagi sono venuti via terra, in modo particolare dai frontalieri del Canton Ticino, Ginevra, Vallese, Vaud e Basilea. Sia lei quando ha portato la mascherina in aula che l’altro deputato SVP Thomas Aeschi, quando voleva interrompere la sessione, sono stati presi in giro.
• Adesso che il numero dei contagi e dei decessi scende, la sanità può padroneggiare la situazione e bisogna tornare subito alla normalità. Vanno persi 15 miliardi di prodotto nazionale lordo al mese. Lo Stato non può prendere il posto dell’economia: le conseguenze sono il calo dei salari, la disoccupazione, i fallimenti e i conflitti sociali.
• Interessi economici e salute sono egualmente importanti. Il sistema sanitario svizzero ha di nuovo il controllo e ora occorre tornare alla normalità. I danni all’economia sono stati ingenti e non possono diventare maggiori. Contemporaneamente si vada avanti con la distanza, le misure igieniche e la protezione dei gruppi a rischio.
• I decessi sono fatti tragici ma non possiamo evitarli al cento per cento. La Svizzera ha fortemente ridotto il numero dei decessi nelle ultime tre settimane. È sceso il numero dei morti e dei contagi. Le stazioni intensive sono state molto ampliate e offrono molto posto. I gruppi a rischio vengono protetti in modo adeguato, ma le altre parti della società devono potersi muovere e tornare a lavorare.
• Il Segretariato di Stato per l’Economia parte da un 50 per cento di prestatori di lavoro in cassa integrazione (lavoro ridotto) e un possibile aumento della disoccupazione fino al 7 per cento. Mai abbiamo avuto una crisi del genere. Già in questo momento le misure di sostegno federali corrispondono ai nostri risparmi di 25 anni. Saranno i bambini di oggi a pagare questi debiti domani. I vari rami dell’economia devono avere delle strategie di protezione della salute, soprattutto quelli a gestione federale. Le ferrovie federali si lamentano e chiedono soldi, ma nei servizi pubblici di trasporto ci sarebbe stato bisogno di misure contro il coronavirus, come le mascherine, e non lo si è fatto.
• Il sistema sanitario svizzero non può collassare, diversamente da Italia e Spagna. Grazie agli sforzi compiuti, i posti nelle cure intensive e i ventilatori sono tanti, e a questo proposito l’intervistata è stata coinvolta. Nel frattempo gli ospedali devono anche portare avanti le operazioni che sono state rinviate.

• Con la ripresa anticipata la Svizzera non rischia nulla. Con il piano attuale del CF la riapertura non verrà troppo presto, ma troppo tardi. Berset sta portando metà della popolazione in cassa integrazione (lavoro ridotto) e ha in vista un aumento gigantesco della disoccupazione.
• Perfino a uno scenario estremo, con un’ampia ripresa del contagio susseguente alla riapertura, si potrebbe rimediare, tornando alla chiusura. La situazione tornerebbe ad essere quella di adesso. Ma se la ripresa va bene, evitiamo la discesa dei salari, la disoccupazione e i fallimenti.
• Non avremo mai migliaia di morti come a Bergamo o a New York, perché il sistema sanitario svizzero è organizzato meglio e sono state prese tutte le misure di protezione.
• L’SVP non è contenta di Berset, perché come Ministro della Salute ha fortemente sottovalutato la situazione e non ha provveduto per tempo ai mezzi di protezione necessari. Spinge metà della popolazione verso la cassa integrazione e prevede un aumento gigantesco della disoccupazione. Ha gravato pesantemente le finanze statali per le prossime generazioni. Ma c’è di più: il CF si sta occupando solo ora delle varianti riguardanti il ritorno alla normalità e così facendo si perde tempo prezioso. Già al momento dell’entrata occorreva pensare all’uscita (dallo stato di emergenza).
• Purtroppo nel CF il prolungamento della chiusura fino al 26 aprile ha avuto il plauso dei due membri liberali. Se fosse dipeso dai due SVP le cose sarebbero andate diversamente, con un’altra maggioranza.
• Sarebbe stata meglio un’apertura rapida e coordinata. Ora si conoscono le regole della distanza, il sistema delle goccioline, l’uso del Plexiglas, le misure per i supermercati. I vivai, i fiorai, i negozi di ferramenta, i negozi di casalinghi potrebbero essere aperti subito. E il CF è sulla strada sbagliata se crede di poter aprire tutte le attività insieme.
• Le situazioni regionali sono molto diverse tra loro. Nei Grigioni i numeri stanno calando da una settimana, compresi coloro che hanno bisogno dei ventilatori. In compenso ci sono molti letti nelle stazioni intensive. C’è tanta natura libera e posto dovunque. Il turismo svizzero deve essere riavviato. Perché non permettere di funzionare agli impianti di risalita, facendo salire una sola persona per volta con la seggiovia? O il self-service nei ristoranti di montagna, con i tavoli distribuiti a grande distanza fra di loro negli alpeggi? I cantoni devono decidere sulle aperture, non il CF. È sufficiente che il CF dia le linee generali.
• Che si possa tornare al caos dell’inizio della crisi non è così tragico. Le regioni sono colpite in modo diverso dal virus. Il Ticino ha già preso altre misure rispetto al resto della Svizzera. I cantoni sanno meglio di chiunque altro di cosa hanno bisogno. Il sistema sanitario è di loro competenza. Il CF deve smetterla di dire a tutti cosa devono fare. Questo porta a regole senza senso e a un forte ritardo.
• L’occupazione e il benessere valgono quanto la salute. Il Partito Socialista propone persino una chiusura totale senza una qualche libertà di movimento. L’SVP va incontro ai desideri della gente comune e delle attività economiche e commerciali. Tutti dovranno far fronte ai danni e pagheranno tasse e imposte. Per l’industria chimica di Ems la chiusura non ha un un gran peso, visto che vendiamo per il 95% all’estero. La ditta avrà un profitto inferiore al previsto. […] La nostra posizione sul mercato è forte.

Si parla poi delle ferie pasquali e della famiglia Blocher.

 

Testo originale in tedesco

Martullo-Blocher im Interview: «Wir sind nicht mehr zu früh, sondern zu spät»

SVP-Nationalrätin Magdalena Martullo-Blocher sagt, warum sie Geschäfte und Restaurants öffnen will – und warum man Todesfälle in Kauf nehmen muss.
Adrian Schmid, Mischa Aebi

Magdalena Martullo-Blocher hat sich in den letzten Tagen mit provokativen Forderungen zur Corona-Krise bemerkbar gemacht. Sie selbst bezeichnet sich als «Corona-Spezialistin». Das sei sie wegen «ihrer Erfahrungen und Kontakten» geworden. Bevor die SVP-Politikerin im Homeoffice zum Telefon greift, um die Fragen der Journalisten zu beantworten, lässt sie sich fotografieren. Martullo-Blocher betont, die Bilder seien auf der Blumenwiese in ihrem Garten entstanden. Sie will ja nicht den Verdacht aufkommen lassen, dass sie trotz Shutdown wandern geht.

Frau Martullo-Blocher, wann waren Sie letztmals beim Coiffeur?
Anfang Februar. Nun musste ich halt zur Coiffeuse Chez Magdalena und mir selber die Haare schneiden. Leider bin ich nicht ausgebildet und nicht besonders geschickt.
Sie haben angekündigt, die Coiffeur-Branche mit 600’000 Schutzmasken zu beliefern. Tun Sie das nur, damit Sie sich wieder die Haare machen lassen können?
Die meisten Leute schätzen einen Coiffeurbesuch. Das hebt die Stimmung. Es geht mir aber um die Existenzsicherung der Branche. Ihre Margen sind klein und die Löhne tief. Viele Coiffeure sind selbstständig und erhalten keine Entschädigung vom Bund. Mit Kurzarbeit sind die Löhne um 20 Prozent gesunken. Da geht es schnell ums Überleben, geschäftlich und privat.
Was machen Sie dagegen?
Die Coiffeure sind ja nahe am Kunden, brauchen besondere Schutzmassnahmen. Vor 10 Tagen nahm ich mit meinem persönlichen Coiffeur Kontakt auf, und wir initiierten ein Schutzkonzept, das nun dem Bundesrat eingereicht wurde. Es sieht vor, dass nur die Hälfte der Coiffeurstühle besetzt sein soll und mit Masken, Handschuhen und Einweg-Umhängen gearbeitet wird. Da Masken in der Schweiz nach wie vor knapp sind, organisiere ich sie zu Selbstkosten.
«Es geht nicht an, dass die SBB jammern und Geld wollen. Sie haben nie Massnahmen für den ÖV vorgelegt.»
Mit dieser PR-Aktion wollen Sie doch nur den Bundesrat unter Druck setzen, damit er beim Exit auf Schutzmasken setzt und das Regime schneller lockert.
Halt, das ist keine PR-Aktion. Wir verbessern die Situation konkret.
Es ist nicht bewiesen, dass Masken vollständig vor einer Covid-19-Ansteckung schützen. Warum propagieren Sie sie trotzdem als Allerheilmittel?
In meiner Firma habe ich zuerst konsequentes Abstandhalten und die Hygieneregeln eingeführt. Auch die Coiffeure haben das in ihrem Konzept. Masken werden in vielen Branchen getragen und sind auf Tröpfchenübertragung spezifiziert und getestet. 1,4 Milliarden Chinesen haben die Anwendung auch geschafft. Im Epidemiegesetz sah Bundesrat Alain Berset Masken zum Schutz der Bevölkerung vor. Der Pflichtbestand wurde jedoch nie aufgebaut. Bis heute beschafft der Bund keine Masken für die Wirtschaft oder die Bevölkerung. Weil es kaum noch Cargo-Flüge gibt, müsste der Bund sie in die Schweiz fliegen.
Sie traten als eine der Ersten in der Öffentlichkeit mit einer Maske auf, bereits während der Session im März.
Damals rief der Bund bereits die Bevölkerung zum Abstandhalten auf. Ich wurde wegen der Maske rausgeworfen. Das sorgte weltweit für Aufregung, ein Youtube-Film mit dieser Szene wurde über 180 Millionen Mal angeklickt. Inzwischen räumt Bundesrat Alain Berset ein, Maskentragen sei nicht verboten, in vielen europäischen Ländern sind sie Pflicht.
Obwohl Sie früh vor dem Virus warnten, verlangen Sie jetzt rasche Lockerungen der Massnahmen. Ist das nicht ein Widerspruch?
Die SVP forderte Anfang Februar Grenzkontrollen, sodass nur gesunde Menschen einreisen sollten. Wegen der Personenfreizügigkeit und der anstehenden Begrenzungsinitiative schmetterte man das ab. Auf dem Landweg kam es zu Ansteckungen. Bezeichnenderweise sind die Grenzgänger-Kantone Tessin, Genf, Waadt, Wallis und Basel am meisten von Corona betroffen. Als ich eine Maske trug und Thomas Aeschi die Session unterbrechen wollte, wurden wir von den anderen Parteien ausgelacht.
Und jetzt?
Jetzt, wo die Ansteckungen und die Todeszahlen sinken und das Gesundheitswesen die Situation meistern kann, müssen wir wieder in die Normalität zurückkehren. Pro Monat verlieren wir 15 Milliarden an Bruttosozialprodukt. Der Staat kann die Wirtschaft nicht ersetzen. Lohneinbussen, Arbeitslosigkeit, Konkurse und soziale Konflikte sind die Folgen.
Sie stellen mit Ihren Forderungen nach einem Express-Exit die wirtschaftlichen Interessen über die Gesundheit. Ist das nicht populistisch?
Beides ist wichtig. Unser Gesundheitssystem kann die Lage jetzt meistern, nun müssen wir wieder in die Normalität zurückkehren. Der grosse wirtschaftliche Schaden darf nicht noch grösser werden. Gleichzeitig leben wir weiter mit Abstand, Hygienemassnahmen und dem Schutz der Risikogruppen.
Finden Sie, dass die Gesellschaft eine gewisse Anzahl Tote in Kauf nehmen muss, damit es der Wirtschaft besser geht?
Jeder Todesfall ist tragisch, man kann ihn aber nicht hundertprozentig vermeiden. Wir haben uns während der letzten drei Wochen alle sehr stark eingeschränkt. Die Ansteckungen und Toten gehen nun zurück. Die Intensivstationen wurden massiv ausgebaut und haben viel Platz. Die Risikogruppen, die besonders gefährdet sind, schützen wir weiter konsequent. Die anderen müssen wieder arbeiten und sich bewegen können.
Das ist leicht gesagt.
Das Staatssekretariat für Wirtschaft geht von 50 Prozent der Arbeitnehmer in Kurzarbeit und einem etwaigen Anstieg der Arbeitslosigkeit auf 7 Prozent aus. So eine Krise hatten wir noch nie. Schon jetzt entsprechen die Unterstützungsmassnahmen des Bundes den Ersparnissen von 25 Jahren. Unsere Kinder werden für diese Corona-Schäden noch bezahlen. Die Wirtschaftsbranchen müssen Konzepte haben, wie sie mit Schutz funktionieren. Das gilt übrigens auch für die Bundesbetriebe. Es geht nicht an, dass die SBB jammern und Geld wollen. Gerade sie haben in der Corona-Krise nie Massnahmen vorgelegt, wie man die Ansteckung im ÖV verhindern könnte. Besonders im ÖV wären Masken sinnvoll.
Aber wo ist für Sie die Schmerzgrenze?
Das Gesundheitssystem darf nicht kollabieren. Das ist bei uns, im Unterschied zu Italien oder Spanien, nicht der Fall. Unter grosser Anstrengung haben wir mehr Intensivstationsplätze und Beatmungsgeräte geschaffen. Da war ich auch noch stark involviert. Inzwischen müssen die Spitäler aber auch wieder hinausgeschobene Operationen ausführen können.
Die Schweiz riskiert aber einen Kollaps des Gesundheitswesens, wenn sie den Shutdown möglichst früh aufhebt.
Nein. Mit dem aktuellen Plan des Bundesrats sind wir definitiv nicht mehr zu früh, sondern zu spät.
«Alain Berset treibt die Hälfte der Bevölkerung in die Kurzarbeit und nimmt eine enorme Zunahme der Arbeitslosigkeit in Kauf.»
Sie blenden aus, dass ein erneutes Ansteigen der Fallzahlen verheerend wäre.
Sogar in einem Extremszenario, wenn wir uns wieder breit anstecken würden, könnte man ja wieder zur Schliessung greifen. Das wäre dann wie jetzt. Wenn es aber funktioniert, vermeiden wir Lohneinbussen, Arbeitslosigkeit und Konkurse.
Könnten Sie es als Regierungsmitglied mit Ihrem Gewissen vereinbaren, wenn wegen Ihrer Entscheide plötzlich Zustände wie in Bergamo oder New York mit Tausenden Toten herrschten?
Das werden wir nicht haben, weil unser Gesundheitssystem viel besser eingerichtet ist und wir die Schutzmassnahmen einhalten. Aber wer übernimmt die Verantwortung für die Arbeitslosen und finanziellen Ausfälle?
Gesundheitsminister Berset wurde bis jetzt von fast allen Seiten ein sehr umsichtiges Handeln attestiert. Warum sind Sie nicht zufrieden?
Er hat als Gesundheitsminister die Situation massiv unterschätzt, keine vorbeugenden Massnahmen getroffen, die vorgeschriebenen Schutzmaterialien nicht gehabt und sie auch nicht schnell eingekauft. Er treibt die Hälfte der Bevölkerung in die Kurzarbeit und nimmt eine enorme Zunahme der Arbeitslosigkeit in Kauf. Er hat den Staat für die nächste Generation finanziell massiv belastet. Das Schlimmste aber ist: Der Bundesrat beginnt erst jetzt, sich mit den Varianten einer Rückkehr in die Normalität zu beschäftigen. So verlieren wir wertvolle Zeit. Einen Ausstieg muss man bereits beim Einstieg planen.
Diese Entscheide hat nicht Alain Berset gefällt, sondern der Gesamtbundesrat.
Leider haben offenbar selbst die beiden FDP-Bundesräte für eine Verlängerung des Shutdown bis zum 26. April plädiert. Hätten sie zusammen mit den SVP-Bundesräten für eine frühere schrittweise Öffnung gestimmt, hätte das eine Mehrheit im Bundesrat gebracht.
Wann hätten Sie mit den Lockerungen begonnen?
Am 20. April würde ich mit einer gut koordinierten, aber schnellen Öffnung beginnen. Wir kennen nun das Tröpfchensystem, die Abstandsregeln, Plexiglasscheiben und weitere Massnahmen in den Lebensmittelgeschäften. Gartencenter, Blumengeschäfte, Baumärkte, Haushaltsgeschäfte oder Buchläden könnten so auch sofort wieder öffnen. Der Bundesrat ist auf dem Holzweg, wenn er meint, er könne alles zentral öffnen.
Tatsächlich?
Die Situation ist auch regional sehr unterschiedlich. In Graubünden etwa haben wir seit zehn Tagen sinkende Zahlen, auch bei jenen, die beatmet werden müssen. Gleichzeitig haben wir eine hohe Anzahl an freien Intensivstationsplätzen. Wir haben sehr viel freie Natur und überall Platz. Der Schweizer Tourismus muss anlaufen können. Warum nicht die Bergbahnen fahren lassen, mit nur einer Person pro Sessel, Selbstbedienung im Bergrestaurant und Tischen mit viel Abstand auf der ganzen Alp verteilt? Die Kantone müssen über Öffnungen entscheiden, nicht der Bund. Es reicht, wenn der Bund die allgemeinen Grundregeln vorgibt.
Wenn jeder Kanton selber bestimmt, gibt es ein Chaos wie zu Beginn der Krise bei den Veranstaltungsverboten, die unterschiedlich gehandhabt wurden.
Das ist nicht so tragisch. Die Regionen sind sehr unterschiedlich von Corona betroffen. Das Tessin hat heute schon andere Massnahmen als der Rest der Schweiz. Die Kantone sind viel näher dran und wissen besser Bescheid, was bei ihnen angezeigt ist. Das Gesundheitswesen liegt ja auch bei ihnen. Der Bundesrat muss aufhören, jedem genau sagen zu wollen, was er wie zu tun hat. Das führt zu unsinnigen Regelungen und zu einer starken Verzögerung.
SP-Präsident Christian Levrat wirft Ihnen und der SVP vor, Sie spielten mit solchen Forderungen mit dem Feuer. Die Gesundheit sei wichtiger als die Dividenden der Familie Blocher.
Die Gesundheit ist wichtig, Beschäftigung und Wohlstand aber auch. Die SP forderte ja sogar eine Totalschliessung ohne jegliche Bewegungsfreiheit. Wir von der SVP setzen uns schon immer für die Anliegen der kleinen Leute und das Gewerbe ein. Wir alle werden für den Schaden aufkommen und mehr Abgaben und Steuern bezahlen. Für die Ems-Chemie ist die Öffnung in der Schweiz nicht relevant, wir verkaufen über 95 Prozent ins Ausland. Als Politikerin setze ich mich aber aktiv für Land und Leute ein. So versorge ich das Gesundheitswesen schon seit Wochen mit Schutzmaterialien zu Selbstkosten.
«Zu Ostern habe ich meinen Eltern einen Blumenstrauss vor die Tür gelegt.»
Wie stark leidet die Ems-Gruppe unter der Krise?
Mit Ausnahme von China haben alle Autowerke geschlossen. Als Zulieferer hatten wir einen Umsatzrückgang von 18 Prozent. Der Gewinn wird ebenfalls tiefer ausfallen.
Ist Kurzarbeit bei Ihnen ein Thema?
Im Ausland beziehen wir Ferien oder haben Kurzarbeit angemeldet. In der Schweiz können wir die Schwankungen über ein Gleitzeitmodell lösen. Die Mitarbeiter behalten den vollen Lohn. Wir beziehen keine Unterstützung vom Bund.
Werden Sie eine Dividende ausschütten?
Davon gehe ich aus. Wir verkaufen Spezialitäten und haben starke Marktpositionen. Nach der Krise werden wir wieder wachsen. In China sind wir bereits wieder auf Vorjahresniveau.
Steuern Sie die Ems-Chemie jetzt eigentlich von zu Hause aus?
Ich mache so viel wie möglich aus dem Homeoffice. Für Videokonferenzen gehe ich ab und zu ins Büro. Diese Woche führte ich so Bewerbungsgespräche.
Aber über Ostern machen Sie eine Pause?
Ich bereite mit verschiedenen Branchen die Wirtschaftsöffnung vor. Der Schweizer Tourismus liegt mir am Herzen. Wegen meines politischen und gesamtwirtschaftlichen Engagements habe ich jetzt noch mehr zu tun, und alles ist hektisch. Mit meinen Erfahrungen und Kontakten bin ich eine Corona-Spezialistin geworden.
Wie muss man sich das Familienleben der Martullos während des Shutdown vorstellen?
Mit drei Teenagern ist das nicht immer einfach. Die älteste Tochter hätte jetzt die Maturaprüfungen, nun ist alles offen. Am härtesten ist für alle wohl, dass sie sich nur noch virtuell mit ihren Kollegen treffen können.
Und Ihr Mann?
Auch er hat viele neue Aufgaben übernommen. Er richtet die IT-Systeme ein, besorgt die täglichen Einkäufe und kocht.
Schlägt man sich die Abende bei Martullos eigentlich mit Monopoly um die Ohren?
Nein, nein, die Teenager chatten lieber mit ihren Kolleginnen und Kollegen.
In vielen Familien führt das enge Aufeinanderleben zu Streit. Bei Ihnen auch?
Am Anfang gab es Auseinandersetzungen über den Tagesablauf. Wer hat wann Lektionen, wer kommt zum Essen und solche Dinge. Mittlerweile hat sich das besser eingespielt.
Und ein Osterbesuch bei Ihren Eltern, liegt das drin?
Nein, meine Eltern sind total isoliert. Sie gehören zur Risikogruppe, mein Vater wird dieses Jahr 80 Jahre alt. Wir telefonieren. Zu Ostern habe ich einen Blumenstrauss vor die Tür gelegt.
https://www.tagesanzeiger.ch/der-bundesrat-muss-aufhoeren-jedem-sagen-zu-wollen-was-er-zu-tun-hat-230125707151

 

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