La «Recherche» in una lettera di Marcel Proust

Caro amico,

[…] Ho dato un titolo generale all’opera: À la Recherche du temps perdu. Il primo volume (ma sarebbe meglio non chiamarlo così, perché io pretendo di considerarlo un libro a sé (…) si intitola Du côté de chez Swann. Il secondo e il terzo, come annunciato in copertina, dovrebbero intitolarsi rispettivamente Le côté de Guermantes e Le Temps retrouvé, ma forse il titolo del secondo sarà À l’ombre des jeunes filles en fleur, o Les intermittences du coeur o forse, ancora, Les Colombes poignardées. Ma questi sono dettagli di cui è inutile parlare.

E’ un libro estremamente realistico, ma in qualche modo supportato da un picciòlo di reminiscenza, per imitare la memoria involontaria, che secondo me, benché Bergson non faccia questa distinzione, è la sola vera.

La memoria volontaria, la memoria dell’intelligenza e dello sguardo non ci ridà del passato se non facsimili imprecisi che non gli assomigliano più di quanto i quadri dei cattivi pittori assomigliano alla primavera ecc. Sicché la vita non ci sembra bella perché non la ricordiamo, ma se percepiamo un vecchio profumo, ecco che subito entriamo in uno stato di ebbrezza. Lo stesso con i morti: crediamo di non amarli, perché non li ricordiamo, ma se ritroviamo un vecchio guanto, ci sciogliamo in lacrime.

Per cui, una parte del libro è una parte della mia vita che avevo dimenticata e che d’un tratto ritrovo mettendo in bocca una madeleine inzuppata nel tè; quel sapore mi incanta, prima ancora di riconoscerlo e di identificarlo, per averlo sentito in passato ogni mattina. Di colpo tutta la mia vita di allora resuscita, e accade, lo dico nel libro, come in quel gioco giapponese dei pezzettini di carta immersi in una tazza d’acqua, che diventano figure umane, fiori, ecc. Tutte le persone, tutti i giardini di quel periodo della mia vita affiorano da una tazza di tè.

Un’altra parte del libro nasce dalle sensazioni del risveglio, quando non si sa dove si é e ci si crede indietro di due anni nel tempo, in un altro paese. Ma questo è lo stelo del libro. Ciò che esso regge è reale, appassionato, tutt’altro da ciò che sapete di me, infinitamente meno cattivo, credo: non merita piò l’epiteto di “delicato”, di “fine”, ma quelli di “vivo” e “vero” (vi assicuro che questo non significa verità).

(………………..)

(Senza firma)

Lettera di Marcel Proust a René Blum (5,6 o 7 novembre 1913), che fece da intermediario per la pubblicazione di Du côté de chez Swann presso la casa editrice Grasset.

Fonte: http://www.marcelproust.it/proust/lettera_5.htm

BREVI OSSERVAZIONI

All’inizio della lettera Proust dichiara: a questo libro, in cui ho messo il meglio della mia mente, la mia vita stessa, annetto più importanza che a qualsiasi altra cosa — poco davvero — che abbia fatto sinora.

Nel gennaio del 1914, André Gide scrisse una lettera a Proust dicendosi costernato per l’errore commesso quando aveva rifiutato la publicazione del libro:

Con ogni probabilità credo si debba vedere in ciò un destino implacabile, poichè è una spiegazione davvero insufficiente del mio errore dire che mi ero fatta un’immagine di voi dopo pochi incontri “in società” che risalgono a circa vent’anni fa. Per me, voi rimanevate colui che frequenta assiduamente le signore X… e Z… colui che scrive su “Le Figaro”… Vi credevo – devo confessarvelo? – “dalla parte dei Verdurin”.

Uno snob, un mondano dilettante, quanto di più modesto potesse esserci per la nostra rivista. E il gesto, che comprendo così bene oggi, di aiutarci a pubblicare questo libro, che avrei trovato affascinante se me lo fossi chiarito bene, non ha fatto, ahimé! che radicarmi in quell’errore. […]

Fonte: http://www.marcelproust.it/proust/gide.htm

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