LE MISTIFICAZIONI DEL POPULISMO: commento di Vittorio Panicara a «Il governo non si fermerà con qualche sceneggiata parlamentare. Il popolo lo sostiene» di Roberto Marchesi.

Comparso su Il Fatto quotidiano il 23 dicembre scorso, l’articolo del politologo (almeno così si dichiara) Roberto Marchesi riprende le tesi del direttore Travaglio con un articolo che vale la pena di esaminare, non per la sua profondità (il testo in realtà è piuttosto superficiale, come dimostra lo stesso titolo), ma per il modo di affrontare i problemi, con le sue tipiche semplificazioni populiste (termine che bisognerebbe disambiguare, ma non è questa la sede adatta per farlo; basti dire che intendo con “populismo” un modo di fare politica e non necessariamente un insulto).

Difendendo il governo Conte, l’autore si esprime così:

Le cassandre del cigno nero di pochi giorni fa sparano a zero su quelle riforme, ma sono proprio quelle stesse riforme che la gente si aspetta da anni e che, col passare degli anni, sono diventate ancor più necessarie visto che nel frattempo milioni di posti di lavoro nelle economie industriali sviluppate sono spariti a causa della globalizzazione, della tecnologia avanzata, degli algoritmi onnicomprensivi e del contemporaneo grave inquinamento del sistema democratico che, passato a favorire le “partitocrazie” e le “semi-plutocrazie”, anziché i popoli sovrani, hanno spostato l’asse decisionale dei sistemi democratici verso una sempre più evidente concentrazione del potere da quello classico dei Parlamenti costituzionali a forme di concentrazione di potere sempre più accentrate in singoli individui, tanto da far temere un ritorno dei sistemi autoritari.

(il corsivo è mio)

Le riforme criticate in questa lunga citazione (un solo periodo sintattico!) sono quelle dell’attuale “manovra” economica ed è sottinteso che si faccia riferimento soprattutto al reddito di cittadinanza e alla riforma pensionistica voluta dalla Lega; qui non interessa, però, il merito della politica economica del governo, ma il modo di ragionare dell’autore, le sue categorie.

Le riforme promesse e in qualche modo ammesse dall’UE sono quelle che la gente si aspetta da anni: probabilmente giusto, ma perché il termine gente? Tutto l’elettorato non davvero, visto che nei sondaggi il consenso dato al governo, di per sé alto, raggiunge grosso modo il 60 e non il 100 per cento. Una massa indistinta di persone? Forse sì, ma questo non significa granché. E tutto ciò neppure giustifica la condanna senza appello dell’opposizione (in altre parti dell’articolo: i “terroristi” del debito innocuo, gli “amanti” della bancarotta, questi “rottami” della nostra povera democrazia, ecc.): la minoranza che si oppone al governo sembra avere pochi diritti. Quando poi fa riferimento (giustamente!) ai milioni di posti di lavoro perduti a causa della globalizzazione finanziaria (da lui, che si definisce esperto di macroeconomia, criticata in molti altri articoli), Marchesi inserisce tra le cause anche il contemporaneo grave inquinamento del sistema democratico, che ha colpito i popoli sovrani, adoperando ancora una volta categorie non giustificate dal discorso. È vero, c’è una carenza di rappresentanza democratica – riconosciuta ormai da quasi tutti gli studiosi – che ha favorito l’autoritarismo e l’indebolimento della democrazia (e in realtà ha provocato la nascita del populismo…), ma ciò non deve dare altra linfa alle teorie sovraniste: la sovranità dei popoli, in realtà  degli elettorati, si esprime nei parlamenti nazionali e, in Europa, nelle altre forme di rappresentanza pertinenti all’UE. Sostituire “popolo” a “elettorato”, intendendo con “popolo” qualcosa di astratto e onnicomprensivo, e mistificare il senso della sovranità popolare sono esattamente gli errori di metodo imputabili a Marchesi. Se si annulla la distinzione tra maggioranza e popolo sovrano si negano evidentemente i diritti della minoranza e di conseguenza lo stesso liberalismo classico; e può esistere una democrazia priva di diritti eguali per tutti? Che l’autore strizzi l’occhio alla “democrazia illiberale” è evidente in altri brani dell’articolo. Dopo aver riciclato accuse ben note alla politica di Forza Italia e del PD renziano (critiche condivisibili!), si esprime così:

Entrambi questi “rottami” della nostra povera democrazia godono tuttavia di un parallelo sistema mediatico a loro correlato che finge di indignarsi di fronte a “strappi procedurali”, che sarebbero veramente gravi solo se in quell’aula parlamentare sedessero esclusivamente personaggi politici genuini, puliti, democraticamente onesti, ma è noto che non è così. Allora a chi e a che cosa serve quella messinscena dell’irrefrenabile sdegno di fronte a una decisione governativa che, pur deviando dalle regole, almeno ha come obiettivo semplice l’interesse dei cittadini invece che quello dei partiti o dei loro leader (cosa che ormai da decenni non si vedeva più in quelle aule istituzionali)?

(il corsivo è mio)

Lasciamo da parte sia il problema degli schieramenti mediatici (e anche qui l’autore ha almeno in parte ragione), perché si tratta di un altro discorso, complesso e delicato), sia i suoi modi espressivi (si veda anche il tono rude delle prossime citazioni: un caso di “neolingua”?).  Marchesi ammette gli strappi procedurali e la deviazione dalle regole (si riferisce al mancato rispetto dei diritti della minoranza da parte della maggioranza nei lavori parlamentari riguardanti la manovra economica del governo). Poco dopo, però, afferma che l’opposizione – è noto che sia così… –  è composta da persone non oneste e pulite politicamente (chi lo ha decretato? e nessuno di loro è almeno un po’ pulito?) e quindi ha meritato e merita tale trattamento. Ancora una volta ci si nasconde dietro al popolo per legittimare la violazione dei diritti della minoranza e per sancire una volta per tutte qual è l’interesse dei cittadini. Il discorso, oltre che poco logico, è aberrante.

Poco più avanti si afferma che i governanti di ieri

quanti “stupri” del sistema democratico loro stessi hanno invece perpetrato contro i diritti di un popolo inerme, defraudato dell’unico potere che era loro dato dalla nostra Costituzione?

Qui si fa riferimento anche alle cattive leggi elettorali promulgate negli anni precedenti, ma ancora una volta ricompare il popolo, stavolta inerme e a suo tempo defraudato dei suoi diritti costituzionali da chi ieri aveva il potere e oggi è opposizione. Tutto ciò, per quanto possa essere fondato, giustificherebbe i comportamenti antidemocratici del governo Conte, azioni riconosciute come irregolari dallo stesso autore. E tanto per cambiare la protesta delle opposizioni è contro la volontà del popolo.

Breve digressione: una citazione tratta da un articolo di Antonio Brusa sul modo di trattare il tema del populismo nell’insegnamento:

Il “popolo di populismo” è qualcosa di ulteriormente diverso. E’ una sorta di costrutto chimerico, per metà malleabile e per metà solido come la pietra. Da una parte, infatti, esso si riferisce a realtà che vengono rielaborate a seconda delle situazioni. Ma, una volta che questa realtà è stata formata, questa diventa astorica e assoluta.

http://www.historialudens.it/didattica-della-storia/247-che-dire-in-classe-del-populismo-il-concetto-e-alcuni-problemi-di-insegnamento.html

Non mi pare una considerazione peregrina.

 

Conclusioni

L’autore in tutto l’articolo riprende i consueti motivi anti-sistema del populismo qualunquista italiano ed esalta il mito del popolo in lotta contro le élite. Come si è visto, si tratta di una mistificazione poco originale, criticata dai lettori stessi del quotidiano (si vedano il testo e i commenti in https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/12/23/il-governo-non-si-fermera-con-qualche-sceneggiata-parlamentare-il-popolo-lo-sostiene/4856778/), un inganno dialettico che porta a considerare inessenziali in uno Stato le procedure e le stesse regole democratiche, il tutto in un clima illiberale che non può non preoccupare.

Questa non può essere la risposta più corretta agli errori del passato, dalle pessime politiche neoliberiste, che hanno collocato il libero mercato in cima a ogni scala di valori, ai giochi di potere e alle scelte impopolari che hanno caratterizzato i governi da metà anni Novanta ad oggi. L’autore piuttosto dovrebbe indagare le cause di un innegabile declino dell’intera scena politica italiana e i tratti gattopardeschi del presunto governo “del cambiamento”, ma anche questo è un altro discorso…

Lascia un commento