LA CONCEZIONE DELL’AMORE IN LUCREZIO (citazione)

L’amore come finzione

[…] E questi mali si trovano in un amore che dura ed è felice al più alto grado; ma, se è infelice e senza speranza, ci sono mali che puoi cogliere anche ad occhi chiusi, innumerevoli; sì che è meglio stare prima all’erta, come ho insegnato, e guardarsi dall’essere adescati. Difatti evitare di cadere nei lacci d’amore non è così difficile come districarsi, una volta presi in mezzo alle reti, e forzare i possenti nodi di Venere. E tuttavia, anche avviluppato e inceppato, potresti sfuggire all’insidia, se proprio tu non opponessi ostacoli a te stesso, e non ti celassi in primo luogo tutti i difetti dell’animo o quelli del corpo di colei che prediligi e desideri. Questo infatti fanno per lo più gli uomini ciechi di passione, e attribuiscono alle amate pregi ch’esse non posseggono davvero. Così vediamo che donne in molti modi deformi e laide sono adorate e godono del più alto onore. E poi s’irridono a vicenda, e l’uno invita l’altro a placare Venere, perché lo affligge un brutto amore, e spesso non scorge, l’infelice, i propri mali, che sono i più grandi. La nera “ha il colore del miele”, la sudicia e fetida è “disadorna”, se ha occhi verdastri è “l’immagine di Pallade”, se è nervosa e secca è “una gazzella”, la piccoletta, la nanerottola, è “una delle Grazie”, è “tutta puro sale”, la corpulenta e smisurata è “un prodigio” ed è “piena di maestà”. La balbuziente, che non può parlare, “cinguetta”, la muta è “pudica”; e l’irruente, odiosa, linguacciuta è “tutta fuoco”. Diventa “un sottile amorino”, quando non può vivere per la consunzione; se poi è già morta di tosse, è “delicata”. E la turgida e popputa è “Cerere stessa dopo aver partorito Bacco”, la camusa è “una Silena” e “una Satira”, la labbrona è “un bacio”. Troppo mi dilungherei, se tentassi di dire tutte le altre cose di questa specie. Ma tuttavia sia pure bella in volto quanto vuoi, sia tale che da tutte le sue membra promani il potere di Venere: certo ce ne sono anche altre; certo senza di lei siamo vissuti per l’addietro, certo ella fa in tutto, e noi sappiamo che le fa, le stesse cose che fa la brutta, e da sé stessa, misera, s’appesta di odori nauseanti: fuggono allora le ancelle lontano da lei e furtivamente sghignazzano. […]

 

Dal «De rerum natura»

 

Lascia un commento